Uno sguardo su “Anja, la segretaria di Dostoevskij” di Giuseppe Manfridi

Ci troviamo nel 1866, quando a Fëdor Dostoevskij viene commissionata dall’editore la stesura di un romanzo nel giro di un solo mese: stiamo parlando de Il giocatore. Lo scrittore, in un momento di decadenza e affetto da epilessia, ha neessità di avvalersi della migliore stenografa in circolazione ed è in questo momento che entra in gioco la giovane Anja Grigor’evna Snitkina, considerata la migliore in questo campo. Come sappiamo, il romanzo sarà scritto in maniera eccelsa e tra i due nascerà una storia d’amore, che sfocerà in una duratura unione.

Lo scrittore, anche affermato drammaturgo, vincitore tra le tante cose di un Orso d’Argento di Berlino, entra del tutto in simbiosi con lo stile del romanzo storico russo, dando vita ad atmosfere eteree e sognanti, angoscianti e innovative, sapendo costruire attorni ai personaggi un importante e credibile spessore psicologico. Giuseppe Manfridi con questo romanzo si cimenta in una divertente e raffinata operazione di riscrittura di un momento topico della vita di Dostoevskij, quello in cui entra in scena Anja, sua giovanissima musa che diverrà la seconda moglie e unico amore felice della vita del grande scrittore.

Manfridi si diletta e fa divertire il lettore che si trova immerso in una storia vera ma ricca di dettagli sconosciuti, dove l’autore gioca con le atmosfere dell’opera di Dostoevskij a cui rimanda, allude o cita in modo diretto. Ciò che ne consegue è una storia d’amore, di letteratura e di vita che non solo parla di Dostoevskij ma sembra anche appropriarsi del suo linguaggio, dell’aspetto interiore dei personaggi, della magia di Pietroburgo, della difficoltà della vita e del dramma esistenziale che la rende invincibile e tremenda.

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