“Il Viaggio Dolce” di Giacomo Leopardi: quando la poesia si fonde con l’infinito e sopravvive ai capricci della carne

L’anima del poeta è concepita dalla solitudine del corpo e dalla moltitudine degli affetti. Così come la poesia di Leopardi, ne “Il viaggio dolce” di Marina Plasmati, è scandita dall’amore per la vita e l’impossibilità di viverla: Giacomo ha il morbo del genio, non c’è cura, la poesia gli scorre nelle vene e gli fa ammalare il cuore di soave bellezza. Una sera del 1836, nell’ultimo anno della sua vita, il poeta delle colline dell’infinito giunge a Villa Ferrigni, alle pendici del Vesuvio, la cui bocca più alta fumava con fare innocente. Non è solo a condividere la meraviglia di quelle stelle di cenere pietrificata che aleggiano sopra Torre del Greco: ad accompagnarlo c’è Antonio Ranieri, animato dalla speranza che un soggiorno in campagna possa giovare alla salute cagionevole del suo più caro amico. Il panorama è feroce e attento nella sua lungimiranza: sa che quel luogo sarà destinato, molto presto, alla stesura di alcuni dei versi più toccanti del poeta ne “La Ginestra”. Tuttavia, gli abitanti della villa e dei dintorni non sanno nulla di quel che definiscono “l’ospite di riguardo”. Solo in un secondo momento capiranno di avere a che fare con un ospite dall’anima alta e maestosa.

Novella Bellucci, che ha curato la prefazione del romanzo, dice che “La poesia è ospite di riguardo, che entra delicatamente e inesorabilmente nelle vite di chi se ne nutre e anche in quelle delle creature semplici”, abbattendo quei muri che dividevano il popolo dalla poetica, come se la dolcezza colorata e fertile di quei versi non ammettesse barriere, ma solo pacifiche comunioni del sapere. Ed ammette che tutto questo è possibile solo nel caso in cui gli ospiti sappiano accoglierla con stupefazione mista a rispetto. In questo modo ci dà possibilità di introdurre un intreccio tra Leopardi e la poesia stessa, che vengono trattati come fossero un’unica cosa, una dualità laica che si identifica in uno soltanto.

Alla villa egli conversa con ospiti che si rivelano di vedute ristrette e fanno risaltare, per contrasto, la sua nobiltà sdegnosa. Cosa che invece non accade con i personaggi di Cosimo e Silvia, due giovani servitori che provano dei sentimenti l’uno per l’altro e che incarnano tutto ciò che il poeta non ha mai avuto. Lei, ingenua, fresca e suadente come Teresa Fattorini, la celebre Silvia dei suoi scritti, mai dimenticata. Lui giovane, forte e con il cuore buono, com’è l’amante più prezioso e immensamente bramato. Nel corso del suo soggiorno, infatti, loro saranno gli unici in grado di capire davvero il fine ultimo della poesia, che parla direttamente al cuore attraverso giochi intuitivi e logiche romantiche.

Scrivi una risposta